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Zygmunt Bauman
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Aforismi, frasi celebri e citazioni di
Zygmunt Bauman
Sociologo, filosofo e accademico polacco
Il tatuaggio, miracolo dei miracoli, segnala al contempo l’intenzionale stabilità (forse anche l’irreversibilità) dell’impegno e la libertà di scelta che contraddistingue l’idea di diritto all’autodefinizione e al suo esercizio.
La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l'arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l'impossibile. (da "L'arte della vita")
L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso. (da "L'arte della vita")
La cultura contemporanea della società dei consumatori è governata dal precetto «se puoi farlo, devi farlo». L’idea di non avvalersi delle opportunità disponibili di «migliorare» l’aspetto del proprio corpo (leggi: avvicinarlo alla moda attualmente dominante) viene fatta sentire come un qualcosa di ripugnante, spregevole; tende a essere ampiamente vista come degradante, lesiva del valore e della stima sociale del «colpevole».
Lo scopo del gioco del consumo non è tanto la voglia di acquisire e possedere, né di accumulare ricchezze in senso materiale, tangibile, quanto l'eccitazione per sensazioni nuove, mai sperimentate prima. I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato. (da "Dentro la globalizzazione")
Molto più tardi, quando iniziai a leggere libri di sociologia e imparai a pensare da sociologo, capii che l’esclusione di tre ragazzi ebrei in una scuola che contava parecchie centinaia di alunni era stata per i nostri persecutori l’altra faccia della medaglia della loro identificazione del sé.
Il bisogno di bullismo, e soprattutto di suoi oggetti e moventi, esiste da sempre e non finirà mai.
Il male è stato veramente e pienamente banalizzato, e ciò che più conta, tra le conseguenze, è che noi siamo stati o saremo presto resi insensibili alla sua presenza e alle sue manifestazioni. Fare il male non richiede più motivazioni.
L’incertezza di cui dicevamo è la rovina dei legami interpersonali contemporanei (incluse, e in modo massimamente eclatante e doloroso, le relazioni d’amore).
Non è possibile aumentare la propria sicurezza senza decurtare la propria libertà, né aumentare la propria libertà senza cedere un po’ della propria sicurezza.
La posta in gioco nei contemporanei conflitti di genere non è più il potere e il dominio di uno dei due sessi sull’altro. Al femminismo interessa sì la parità (di condizione sociale, opportunità, prestigio e autorità), ma il suo filo conduttore veramente cruciale è che si spera di avere una chance di prevalere.
Tutti i mutamenti socioculturali sono prodotti da un meccanismo di «distruzione creatrice» che comporta, necessariamente, adattamento e ribellione.
L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno, da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.
Nel dare forma alla nostra vita, siamo la stecca da biliardo, il giocatore o la palla? Siamo noi a giocare, o è con noi che si gioca?
Nel mondo liquido-moderno la solidità delle cose, così come la solidità dei rapporti umani, tende a essere considerata male, come una minaccia: dopotutto, qualsiasi giuramento di fedeltà e ogni impegno a lungo termine (per non parlare di quelli a tempo indeterminato) sembrano annunciare un futuro gravato da obblighi che limitano la libertà di movimento e riducono la capacità di accettare le opportunità nuove e ancora sconosciute che (inevitabilmente) si presenteranno. La prospettiva di trovarsi invischiati per l’intera durata della vita in qualcosa o in un rapporto non rinegoziabile ci appare decisamente ripugnante e spaventosa.
Ci si accorge delle cose, ponendole sotto la lente della contemplazione, quando esse svaniscono, vanno in rovina, iniziano a comportarsi stranamente o ti deludono in qualche altro modo.
Non è vero che la felicità significhi una vita senza problemi. La vita felice viene dal superamento dei problemi, dal risolvere le difficoltà. Bisogna affrontare le sfide, fare del proprio meglio. Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato, ci si sente persi se aumentano le comodità.
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